
Per la precisione, più che di grid parity, si dovrebbe parlare di “socket parity“. Cioè il punto in cui una famiglia media riesce ad ottenere almeno il 5% di ritorno dell’investimento utilizzando l’energia autoprodotta dall’impianto fotovoltaico invece di quella comprata dalla rete. Questa socket parity in Italia già c’è, in Germania, Spagna e Danimarca pure, mentre in Giappone, Francia, Brasile e Turchia dovrebbe arrivare nel 2015.
Il discorso, spiegato in maniera semplice, è che il prezzo medio degli impianti fotovoltaici è crollato del 75% negli ultimi tre anni rendendo il costo del kWh verde molto più basso. Nel frattempo, però, il prezzo dell’energia elettrica comprato dalla rete (e generato in gran parte dal termoelettrico a gas, carbone o olio combustibile) è sempre più alto. E se un costo sale e l’altro scende, prima o poi, si incontreranno in un punto: quello della grid (o socket) parity.
Per rendere le cose un po’ più complicate, però, Bloomberg cita la EPIA (European Photovoltaic Industry Association) e aggiunge un’altro valore da prendere in considerazione: la “Dynamic grid parity“. Che l’Italia raggiungerà nel 2013 e altro non è se non una grid parity vista in prospettiva, al futuro:
La Dynamic grid parity è il momento in cui, in un particolare segmento di mercato in uno specifico paese, il valore attuale dei ricavi a lungo termine dell’elettricità generata dal fotovoltaico (considerati i ricavi, i risparmi e il deprezzamento), è uguale al costo a lungo termine di ricevere l’elettricità prodotta tradizionalmente e immessa nella rete.
Passando dalle definizioni ai fatti concreti, secondo lo studio di Bloomberg già oggi in Italia l’energia fotovoltaica costa tanto quanto quella termoelettrica e, a partire dall’anno prossimo, sarà stabilmente competitiva con quella tradizionale.
Fonte: Bloomber